La cesteria è una pratica che esiste in tutto il mondo allo scopo di produrre dai piccoli contenitori, fino a intere isole galleggianti. Essa consiste nell’abilità di intrecciare vari materiali di origine vege­tale, reperiti dalle popolazioni locali nel loro ambiente: erbe, giunchi, paglia, aghi di pino, vimini, polloni di nocciolo oppure legno, corteccia e radici di betulla, quer­cia, frassino, salice, abete rosso, tiglio e castagno. Anche le foglie del banano o della yucca possono essere intrecciati, così come i germogli del rattan, del bam­bù o della palma da dattero. Questo elenco non è sistematico, né tantomeno esaustivo, ma offre comunque un'idea della ricchezza e della varietà di materiali che la natura mette a disposizione e che sono valorizzati grazie all'inventiva e al sapere di persone che hanno sviluppato, perfezionato e trasmesso queste tecni­che, adattate in funzione dei materiali che avevano a disposizione.

Breve sistematica dei materiali utilizzati

In generale possiamo distinguere modo tre tipologie di materiali:

A - Materiali teneri, sottili, corti e flessibili, lavorati aggiungendo progressivamente altro materiale, allo scopo di formare rotoli o cordoni attorcigliati. L’intreccio può anche essere finalizzato a produrre fasce o nastri che poi saranno cuciti assieme. Esempi per questa categoria sono gli aghi dei pini, le erbe, i giunchi oppure la paglia.

B - Materiali flessibili e sufficientemente lunghi da poter essere impiegati quasi senza alcun lavoro di preparazione. Sono tali ad esempio i getti dei salici, il rattan sottile oppure le radici.

C - Materiali solidi e rigidi o elementi legnosi che non possono essere tessuti direttamente, ma che devono dapprima venire tagliati, spaccati e/o piallati alfine di renderli utilizzabili. Tra gli esempi di questa tipologia di intrecci vi sono i polloni di nocciolo o di castagno, il legno di betulla o di abete rosso e il rattan grosso.

Intrecci caratteristici di alcuni paesi

Nell'Europa meridionale, per tradizione e in ragione della vegetazione disponibile, si utilizzano materiali piuttosto corti e sot­ti­li. Nella regione mediterranea, ques­to include generalmente lo Sparto settico (Lygeum spartum), un’erba poa­cea che cresce in ciuffi alti da 20 a 80 cm.

Più ci si sposta verso nord, più il ma­ter­ia­le impiegato per gli intrecci ha una con­sis­ten­za “legnosa”. Nella Scandinavia, ad esempio, viene tradizionalmente im­pie­ga­ta la corteccia delle betulle (fig. 3).

In Svizzera e nell’Europa centrale il materiale più frequentemente utilizzato è il salice. Per contro il Ticino e le valli meridionali del Canton Grigioni (Bregaglia, Poschiavo e Moesano), possiedono una lunga e consolidata tradizione nella produzione di cesti e gerle utilizzando il nocciolo.

Salice

I salici sono presenti in moltissime regioni: sia come piante striscianti ricoprenti il suolo in montagna, che in forma di piccoli arbusti o di cespugli che crescono a quote inferiori, oppure come alberelli che prosperano nelle pianure. Diverse specie appartenenti al genere Salix, quando gli alberi circostanti vengono abbattuti, hanno la capacità di produrre giovani germogli lunghi e sottili, poco o per nulla ramificati. Queste cacciate annuali sono utilizzate come materiale da intreccio per la cesteria. A dipendenza della specie di salice, la loro crescita in lunghezza può raggiungere anche i 3 metri all'anno. Anche lo spessore, il colore e la consistenza della loro corteccia possono variano notevolmente.

Origine

In Europa esistono circa 60 specie di salice. Alcune di essi sono particolarmente adatte per la cesteria: il salice rosso (Salix purpurea), il salice a foglie di mandorlo (S. triandra, chiamato anche “salice da ceste”), il salice da vimini (S. viminalis) e il salice fragile (S. x fragilis).

Varietà coltivate

Esistono numerose varietà di salice. Molte di quelle attualmente impiegate sono il risultato di incroci casuali, mentre altre sono state coltivate in modo mirato e funzionale. Considerato che i salici si riproducono ottimamente per via vegetativa, cioè tramite talee, è facile coltivarli per produrre grandi quantità di individui che possiedono lo stesso identico patrimonio genetico. A partire dal XIX secolo, il lavoro di selezione venne sistematizzato e le centinaia di varietà che ne risultarono furono messe in commercio. Alla fine del XIX secolo, anche in Svizzera esistevano varie imprese specializzate nella produzione di vimini, ma comunque, la maggior parte del materiale era ancora importata dai Paesi vicini. Oggi questo materiale di origine locale è completamente scomparso.

Attualmente i paesi nei quali i vimini vengono coltivati e commercializzati su larga scala sono la Spagna, il Belgio, la Francia, la Lituania e l’Ungheria.

Varietà di origine selvatica

In Svizzera, il salice americano (S. x americana) è la specie più diffusa nel commercio. Tuttavia, esiste anche la possibilità di tagliare, raccogliere e impiegare salici selvatici. Questa opportunità consente di aumentare la varietà dei colori e rende la tipologia di prodotti più variegata e apprezzata. Comunque, la premessa di base è che i virgulti di salice devono venire tagliati durante l'inverno precedente.

Oltre alla varietà impiegata, anche le condizioni della stazione d’impianto hanno una grande influenza sulla qualità dei getti e quindi sulla loro idoneità all'intreccio. L'abbondanza di sostanze nutritive e di acqua produce una maggiore resa, anche se i germogli tendono a ramificarsi, a formare più midollo, risultando pertanto più fragili. Se le condizioni stazionali non sono ottimali, i salici sono spesso soggetti all'attacco di parassiti, circostanza che spesso ne impedisce qualsiasi utilizzazione.

Coltivazione

Un’ulteriore possibilità è quella di coltivare i salici in piena terra, in una posizione soleggiata e con un moderato apporto di sostanze nutritive e di acqua. Le talee sono allineate con una densità e una spaziatura simile a quella presente nei campi coltivati a mais. Le piante crescono in consociazione e sono pertanto più lunghe, più dritte, più sottili e meno ramificate. I getti vengono tagliati a raso suolo, al di fuori del periodo vegetativo.

Nocciolo

Nei Grigioni e in Ticino si trovano ancora oggi vecchie ceste e gerle fabbricati con il nocciolo, che un tempo erano utilizzati per i bisogni quotidiani. Gli arbusti di nocciolo sono tutt’ora molto diffusi nei boschi della Svizzera italiana. Quando crescono in dense ceppaie, è possibile produrre dei veri e propri pali.

Produzione del materiale da intreccio

L'intreccio del legno di nocciolo è un'operazione piuttosto complessa, che inizia già con il taglio dei polloni. Queste cacciate devono essere lunghe e sottili, avere il minor numero possibile di gemme, essere piuttosto sottili e non presentare forti curvature, protuberanze o escrescenze. I polloni tagliati devono poi essere fenduti in strisce sottili e flessibili. Il procedimento è piuttosto semplice: a una mano di distanza dall'estremità più sottile su un pollone che presenta 2-3 cm di diametro viene intagliata una piccola tacca perpendicolare alle fibre. A questo punto, con la tacca rivolta verso l'esterno, il pollone  viene appoggiato contro un ginocchio e piegato: in tal modo la striscia di nocciolo dello spessore prestabilito dall’incisione, inizia a staccarsi seguendo la direzione delle fibre legnose. Spostando e piegando il pollone più volte, essa può essere separata e staccata dal resto del pollone per tutta la sua lunghezza. In questo modo, su tutta la circonferenza si possono ottenere da 4 a 6 strisce da intrecciare. Per eseguire un buon intreccio, i polloni devono essere adeguatamente pre-essiccati. Infatti, se sono troppo freschi, invece di spaccarsi si piegano come un tubo di gomma; se invece sono troppo secchi, rischiano di rompersi.

Le strisce di legno così raccolte devono comunque essere piallate e tagliate ai bordi per ottenere larghezze e spessori regolari. Solo allora diventano morbide, flessibili e duttili. Per ottenere strisce da intreccio completamente bianche, la corteccia può essere rimossa direttamente dal pollone, oppure anche lasciata parzialmente.

Lavorazione

I polloni vengono tagliati al di fuori della stagione vegetativa, tra dicembre e febbraio, secondo tradizione in “luna calante”. In seguito essi sono raggruppati in funzione della loro lunghezza, posti ad essiccare e conservati per almeno un anno prima di un loro impiego.

Immediatamente prima dell'uso, i polloni selezionati vengono messi a bagno in acqua per un periodo che va da una o tre, a volte fino a quattro settimane, a seconda della varietà di salice, del loro spessore e della temperatura dell'acqua. Questo materiale legnoso stagionato, che viene in seguito re-idratato prima della lavorazione, successivamente si ritira meno se trattato in questo modo, rispetto ai polloni che vengono impiegati immediatamente dopo il taglio, quando sono ancora verdi. In tal modo le ceste e gli oggetti intrecciati sono più consistenti e stabili.

Le verghe di salice non scortecciate possono avere una colorazione che va dal marrone, al bruno-rossastro, all’arancione, al beige, fino alle tinte olivastre, verdastre, bluastre o nere, con una superficie opaca, ruvida, lucida, liscia oppure cerosa.

Se si vogliono utilizzare polloni scortecciati, è opportuno tagliarli all’inizio dell’anno, legandoli in fasci (fig. 6), che vengono poi messi in posizione verticale immergendoli in 20 cm d'acqua. Quando germogliano ed emettono le radichette e le prime foglie, i polloni possono essere scortecciati. Se la corteccia viene intagliata in senso longitudinale, può essere facilmente staccata dalla parte legnosa del fusto di colore bianco. Il prodotto finale è un "materiale bianco" più liscio e più fine. Esso viene impiegato per fabbricare ceste per la biancheria e per altri cestini più delicati. Un trattamento alternativo consiste nel far bollire gli steli di vimini per 8-10 ore prima di scortecciarli, in modo da permettere agli acidi tannici di fuoriuscire dalla corteccia per poi impregnare il legno sottostante. Questo processo conferisce ai fusticini legnosi una bella colorazione marrone ramata. Pure i polloni scortecciati saranno conservati all'asciutto e messi a bagno poco prima del loro utilizzo. Privati della loro corteccia, il tempo di permanenza in acqua si riduce a sole 1 o 2 ore.

Intreccio

Un pollone intero, piegato a forma di anello e poi lasciato asciugare, costituisce, assieme alla costolatura preparata con un coltello, lo scheletro del cesto, attorno al quale sarà eseguito l'intreccio. Gli oggetti costruiti intrecciando getti di nocciolo, sono sorprendentemente leggeri e allo stesso tempo assai resistenti.

Longevità

Le proprietà che rendono i cesti realizzati con materiali naturali tanto resistenti, sono la loro elasticità e flessibilità, con una struttura tutt’altro che rigida che è in grado di assorbire bene le compressioni. Se la trama dell’intreccio è piena e compatta, le sollecitazioni vengono distribuite in maniera ottimale sull’intera superficie. Se il cestame viene prodotto con materiali di buona qualità, può durare anche per diverse generazioni.

Se si considera che i materiali impiegati sono assolutamente rinnovabili e quindi rispettosi dell'ambiente, in una prospettiva di sviluppo sostenibile la cesteria artigianale potrebbe vedere una rinascita.

 

Il libro del tiglio: un tuttofare dimenticato

Fin dall'età della pietra, non solo il legno ma anche le fibre del libro ricavate dai fusti legnosi dei tigli cordati, furono impiegate quale materiale per legature e tessiture durevoli e resistenti. Questo tessuto vegetale situato tra la corteccia e il legno dell'albero e scientificamente chiamato “floema”, è caratterizzato da una percentuale particolarmente elevata di fibre grezze. Le procedure di lavorazione, oggi purtroppo cadute nel dimenticatoio, prevedono una immersione in acqua che dura diverse settimane. Dopo questo periodo di macerazione, le fibre del libro dei tigli ammorbidite vengono risciacquate ed asciugate. Una volta staccate dalla corteccia, le fibre librose del tiglio possono essere lavorate in svariati modi. Il procedimento adottato è il seguente: all’inizio della primavera la corteccia con gli strati di tessuti libroso è molto facile da staccare dal legno del tiglio. Dopo la macerazione in acqua, i singoli strati di fibre librose si staccano quasi da soli. Si forma così una pappa melmosa che deve essere risciacquata. È possibile utilizzare anche il libro prodotto dai rami messi a macerare. Prima di un loro ulteriore impiego, gli strati di fibre librose devono ancora essere asciugati.

Il materiale tessile composto da fibre sottili è stato un vero e proprio tuttofare fin dal Neolitico. A seconda delle modalità di preparazione e di lavorazione, questo materiale poteva essere impiegato per imballare, trasportare, tirare, legare, avvolgere o per tendere trappole. Veniva inoltre utilizzato per produrre lacci, cordame, vestiti, scarpe e stringhe per calzature, e più tardi anche per fabbricare archi, trecce, funi, borse e selleria. Pure gli alveari venivano realizzati con questo materiale. Oggi le fibre del libro dei tigli sono una parte per nulla utilizzata della corteccia e le conoscenze sulle tecniche di lavorazione di questa materia prima preziosa sono quasi cadute nell'oblio.

Traduzione: Fulvio Giudici (S.Antonino)