In questo articolo proponiamo un nuovo indice sperimentale per la valutazione di naturalità e biodiversità forestale. Per lo sviluppo di questo strumento sono stati utilizzati cinque indicatori in grado di fornire informazioni rappresentative delle condizioni di un ambiente forestale:

  1. necromassa legnosa (N)
  2. aspetti faunistici (F)
  3. condizioni climatiche (C)
  4. biodiversità forestale, in base ai popolamenti e i tipi continentali (B)
  5. gli stress e le pressioni a cui l’ambiente in esame è sottoposto (S)

Questi sono stati selezionati considerando che la sola abbondanza di specie vegetali non è necessariamente sinonimo di uno stato di conservazione favorevole (quanto invece lo è la maggiore disponibilità di risorse), cosa che potrebbe indurre in errore nella fase di valutazione dell’ecosistema.

La procedura di lavoro prevede distinte fasi: dai campionamenti e inventari (per il legno morto) fino al monitoraggio e censimento (per la fauna), la valutazione degli aspetti vegetazionali  fino all’analisi delle serie storiche per il parametro climatico. Una volta raccolti i dati è possibile quindi assegnare dei punteggi ad ogni indicatore analizzato mediante l’utilizzo di tabelle.

L’indicatore totale di biodiversità (Tbio) sarà dato dalla sommatoria dei singoli punteggi ottenuti da ciascun indicatore: Tbio = N+F+B+C+S -dove “N” è l’indicatore della necromassa legnosa, “B” è l’indicatore della biodiversità e valutazione selvicolturale, “F” è l’indicatore per la fauna, “C” per il clima e “S” per i fattori di stress. Il valore di ogni indicatore è ottenuto utilizzando scale di punteggio da 1 a 5, ad eccezione di clima ed entomofauna, le cui scale di valori verranno illustrate di seguito.

Necromassa legnosa

Nel corso degli anni la presenza del legno morto si è tramutata da indice di cattiva gestione a segnale di gestione sostenibile (nelle zone dove la sua presenza non fornisce fattori di rischio per incendi forestali o attacchi parassitari) nell’intento di creare una maggiore naturalità. L’importanza del legno morto è dovuta ai particolari servizi ambientali che ricopre (fig. 2), sia in termini di habitat che fornisce alle specie detritivore, sia nelle complessità della rete trofica, a partire dall’entomofauna (come le specie saproxiliche) fino ai livelli più alti della catena alimentare, sia per gli aspetti micologici. Il legno morto fornisce pertanto una nicchia ecologica in cui queste specie compiono in parte o del tutto il loro ciclo (fig. 3).

Il valore di questo indicatore è ottenuto mediante due fasi: nella prima vengono creati plot e subplot (fig.4) di campionamento (seguendo il protocollo inventariale di Travaglini) da cui si ottiene un valore o un valore medio se questi sono più di uno e, in seguito, questi sono confrontati con i dati registrati per i vari tipi forestali europei andando così ad assegnare un punteggio finale. Successivamente si procede al calcolo delle cubature.

Il valore finale dell’indicatore “N” dipenderà quindi dal valore complessivo della cubatura della necromassa stimata all’interno dell’area in esame, confrontandola con i valori medi di riferimento a seconda del tipo o popolamento forestale in cui si svolge l’indagine. Il punteggio viene quindi assegnato in questo modo: 1 punto se il risultato è sotto la media, 2 punti se il risultato è compreso nei valori medi, 3 punti se il valore riscontrato è superiore alla media. Vi è la possibilità di assegnare 1 o 2 punti supplementari nel caso in cui sia doppia (1 punto) o tripla (2 punti) rispetto ai valori di riferimento, per un punteggio totale massimo di 5; sarebbe invece da considerare la sottrazione di 1 punto se la necromassa eccedente risultasse in un’area a forte rischio incendi.

Fauna selvatica

Gli aspetti faunistici giocano un ruolo fondamentale che molto spesso risulta trascurato, tanto da venir trattati separatamente nei bilanci di carbonio degli ecosistemi forestali. Il monitoraggio della complessità di un ambiente forestale e la quantificazione della sua biodiversità necessita di attente osservazioni sulla fauna. Per parametrizzare la fauna (F) in questo lavoro, si procede rapportando l’entomofauna saproxilica (Es) (fig. 5), con la fauna superiore composta da ungulati o animali a comportamento alimentare simile (Fs) e l’entomofauna parassita o fitopatogena (Sf) (fig. 6) al denominatore, come nell’equazione di seguito riportata: F= Es/(Sf+Fs)

 

Per quanto riguarda l’entomofauna il punteggio viene assegnato nel caso delle specie protette in base alla valutazione IUCN (fig. 7 e 8) o al fatto che queste specie siano inserite in normative nazionali o internazionali perché di interesse (fig. 9). Discorso diverso è quello per i parassiti il cui punteggio deriva dal numero di pullulazioni negli ultimi 15 anni a cui viene assegnato anche un coefficiente di riduzione quando si parla di saproxilici (fig. 10).

Per la fauna superiore (fig. 11), lo studio tiene in considerazione l’impatto e il carico degli ungulati le cui soglie di danno a livello europeo sono in forte crescita, sia nelle aree rurali, sia nelle aree silvicole. Lo scopo è ottenere una valutazione del carico di popolazione in relazione all’area interessata valutando la pressione su cui popolazioni e specie animali potenzialmente dannose possono incidere, oppure, analizzando i dati, valutare un miglioramento ambientale per le specie animali ad esse vocato.

I danni differiscono a seconda dell’animale e in base alla tipologia (comportamentale o alimentare, fig. 12 e 13). Per l’attribuzione del valore alla fauna omeoterma vengono presi in considerazione: Tipologia ambientale; Specie animale; Tipologia di danno; Densità; Soglia di danno; Fattori limitanti. Per ognuno di questi parametri è stata ideata una scala di punteggio, per poi ottenere un risultato finale tramite sommatoria di tutte queste voci.

Per semplificare l’attività di campionamento i dati per la fauna vengono presi nei plot utilizzati per la necromassa (fig 14 e 15).

Biodiversità e valutazione selvicolturale

L’assegnazione del valore a questo indicatore avviene determinando sul campo, unitamente alle carte della vegetazione, la gestione del popolamento (se riscontrata) e la complessità che ne deriva, tenendo conto dello stadio di sviluppo, della maturità e della tipologia di popolamento. I valori oscillano da un minimo per un’area a scarsa o nulla biodiversità ad un massimo per un’area ad alta complessità ecologica, utilizzando una griglia di riferimento che evidenzia le principali tipologie di bioma e, successivamente, di ecosistemi riscontrabili a livello nazionale e continentale.

Logicamente il criterio di gestione e di governo dell’area forestata determina il grado di complessità: si avranno quindi punteggi bassi per boschi gestiti a ceduo, punteggi superiori per boschi convertiti a fustaia con sistemi di sottobosco complessi, aree golenali che possono garantire buoni livelli di necromassa legnosa e risorse per le specie animali e cosi via. Le tipologie ecosistemiche sono inoltre divise in due macrocategorie: ecosistemi di tipo naturale e di tipo artificiale.

Fattori climatici

Il clima ha un peso considerevole negli equilibri forestali influendo non solo sulla fenologia delle piante ma anche sulle dinamiche del suolo quindi l’elemento climatico entra in gioco anche nell’orientare le pratiche di gestione selvicolturale. In questo caso il punteggio è ottenuto confrontando la classificazione climatica dell’area presa in considerazione, le giornate di rischio incendio e le precipitazioni medie rilevate. Il fattore climatico è formulato sulla base delle classificazioni climatiche di Köppen, attraverso le quali è possibile ottenere informazioni riguardo umidità, precipitazioni, temperature ed escursioni termiche medie annue; l’utilizzo di questa classificazione è piuttosto semplice ed applicabile sia su vaste regioni che a scala ridotta.

Il valore totale dell’indicatore “C” viene ottenuto facendo riferimento a due fattori, partendo dalla fascia climatica di riferimento avremo così: la media dei mm di pioggia e quella delle giornate di rischio incendio, entrambe ottenute dallo storico dei database regionali sulla media dei cinque anni precedenti. Viene quindi eseguita la somma dei punteggi ottenuti per l’area presa in considerazione.

Stress e disturbo all’ambiente

L’ultimo aspetto preso in considerazione in questo lavoro è il disturbo arrecato all’ambiente, valutando sia i disturbi derivanti dall’azione umana che quelli indotti dalla competizione con specie botaniche aliene introdotte nell’ambiente di studio, in quanto elementi turbativi delle naturali dinamiche di competizione delle popolazioni locali (competizione interspecifica e intraspecifica). La scelta di parametrizzare solo questi due fattori deriva dal fatto che anche gli altri indicatori forniscono indirettamente un quadro generale del livello di stress.

Gli elementi che compongono questo indicatore sono: pratiche selvicolturali errate; assenza di gestione forestale per quelle formazioni di particolare interesse funzionale; disturbi antropici da attività turistiche; disturbi provocati dalle infrastrutture; disturbi da attività illegali (abusivismo, discariche, incendi dolosi/colposi, ecc.). Tutti questi fattori vengono inserite all’interno di una griglia di punteggio. estremamente alto).

Nel secondo sub-indicatore, viene valutata la copertura di aliene invasive, utilizzando come specie riferimento Robinia pseudoacacia (fig. 16) e Ailanthus sp. per definire il punteggio ad altre specie con caratteristiche analoghe (ad es., una maggiore capacità di ricaccio, di propagazione tramite pollone, seme, ecc.). La scelta ricade su queste due specie dal momento che godono di un rapido ritmo di crescita e propagazione, in fortissima competizione con la flora locale, causando sottrazione di nutrienti e ombreggiatura al suolo. Il metodo con cui si assegna il punteggio per quest’ultimo fattore è definito in base alla stima per ettaro della percentuale sul totale degli individui presenti nell’area considerata, tramite calcolo speditivo da rilievo dendrometrico e/o basato su immagine da drone. Il punteggio finale sarà ottenuto sommando i punteggi dei subindicatori.

Conclusioni

L’indice presentato in questo articolo è stato sviluppato con l’intenzione di fornire uno strumento di lavoro efficace, e di ridurre gli sforzi del lavoro, operando su precise aree di campionamento, al fine di ridurre anche gli sforzi economici. Inoltre la possibilità di impiegare questa metodologia in ambito del monitoraggio ambientale aiuta ad orientare le strategie di gestione più adeguate in funzione dei risultati ottenuti, anche lavorando sui singoli indicatori.

Inoltre, trattandosi di un lavoro ancora in fase di formalizzazione sarebbe utile la collaborazione con istituti ed enti di ricerca del settore, testando aree all’interno di siti Natura 2000 (o della Rete Smeraldo per la Federazione Svizzera) e esterne a questi siti protetti, per confrontare i risultati di questa metodologia in differenti aree europee, stabilendo possibili fattori di correzione, adeguamento e miglioramento.