Nel campo della gestione dei pericoli naturali le strategie basate sull’analisi del rischio hanno dato degli eccellenti risultati in quanto cercano di ottimizzare i costi dei provvedimenti in rapporto alla loro efficacia. Fino ad oggi nella selvicoltura dei boschi di montagna era piuttosto inusuale ricorrere all’analisi specifica dei rischi. Tuttavia la situazione precaria delle finanze degli enti pubblici esige un ripensamento da parte di chi è coinvolto nella gestione di queste problematiche. In questo senso chi, nella scelta delle modalità di gestione di un bosco di protezione, desidera basarsi su concetti di rischio, dovrà inevitabilmente valutare e comparare dal profilo dei costi e dell’efficacia le diverse possibili misure, cercando di individuarne le priorità. Le seguenti quattro tesi cercano di dimostrare la necessità di mettere a punto delle strategie di gestione delle foreste di protezione, fondandosi su un’analisi dei rischi.

Tesi n° 1: I beni materiali salvaguardati da un bosco di protezione non sono dappertutto gli stessi

Considerato che attualmente i boschi che svolgono funzione di protezione non sono individuati in base a criteri omogenei, vi sono notevoli discrepanze sia nel tipo che nel valore materiale degli oggetti da proteggere. A titolo di esempio si potrebbe confrontare la "faura"di Andermatt nel Cantone di Uri e un qualsiasi bosco di protezione situato a monte di una strada poco trafficata.

Nel primo caso ci si trova di fronte ad un danno potenziale che riguarda principalmente un insediamento abitato, con possibilità di perdite di vite umane oppure con costi di evacuazione, mentre nel secondo caso i rischi sono più puntuali e riguardano autoveicoli in movimento ed i viaggiatori che si trovano al loro interno. Le grandi diversità esistenti nel tipo di oggetto o di bene da proteggere possono essere considerate in modo uniforme grazie a un approccio che di fonda su criteri di rischio e che è in grado di quantificare l’evento potenziale con indicatori unitari quali ad esempio i "Franchi per anno". Siccome attualmente l’Ufficio federale per l’Ambiente, le Foreste ed il Paesaggio sta tentando di uniformare le modalità di individuazione dei boschi di protezione, in futuro è probabile che si possa migliorare la strategia di gestione dei boschi di protezione, esaminando i potenziali di danno che possono presentarsi nelle diverse situazioni, tramite un approccio differenziato e ciononostante confrontabile.

Tesi n° 2: Ogni bosco di protezione espleta la sua funzione in modo diverso

Il rischio legato a un determinato avvenimento può essere definito come il prodotto tra il danno potenziale e la probabilità che l’evento stesso possa verificarsi. E’ evidente che le caratteristiche delle foreste di protezione influiscono sulla probabilità che un evento come il distacco di una valanga o la caduta di massi possa effettivamente realizzarsi o meno. La riduzione di questo rischio diviene pertanto un metro di “misura della qualità” di un bosco di protezione e pertanto uno dei criteri per individuare le migliori strategie da perseguire nella gestione del bosco stesso. Questa "qualità" deve essere valutata di volta in volta in modo differenziato, a dipendenza delle condizioni stazionali e della struttura dei boschi presenti, oltre che del pericolo naturale in esame.

In questo ordine di idee un comprensorio boschivo situato al limite superiore della foresta e che presenta naturalmente una struttura più aperta e rarefatta presenta evidentemente delle premesse che meno si contrappongono al distacco di valanghe, rispetto ad un bosco denso e cresciuto su dei suoli più fertili. Non deve pertanto meravigliare che le differenze nelle condizioni naturali possono ripercuotersi in modo sostanzialmente diverso sui provvedimenti di gestione del bosco di protezione, visto che esse incidono diversamente sui rapporti tra costi ed efficacia delle misure stesse. Nell’ambito di un approccio che prevede una differenziazione del tipo di bosco, è possibile tenere debitamente conto di queste diversità nella capacità di protezione che il bosco in questione è in grado di assicurare.

Tesi n° 3: Le incertezze concernenti gli effetti dei provvedimenti sono considerevoli

Nel contesto di una analisi dei rischi, dal punto di vista degli effetti espletati, i provvedimenti selvicolturali da adottare nei boschi di protezione possono essere suddivisi in due categorie:

  1. Provvedimenti mirati a migliorare immediatamente l’effetto protettivo attuale; e
  2. provvedimenti che si contrappongono ad un rischio, ma che agiscono per ridurne gli effetti in futuro.

Il primo caso si presenta specialmente quando aree esposte prive di alberi vengono re-imboscate. In condizioni simili l’effetto dell’intervento è più facile da prevedere rispetto a un’area senza nessun intervento, anche se esso comporta dei costi relativamente elevati. Ben più difficile è la valutazione degli effetti di interventi che implicano uno sfoltimento del soprassuolo boschivo. A breve termine, in casi simili, il rischio tende ad aumentare, tuttavia sul lungo periodo, provvedimenti selvicolturali di questo genere mirati al miglioramento della struttura, finiscono per ridurre il rischio di registrare eventi disastrosi. In queste situazioni si deve operare a livello di ipotesi, le cui valutazioni del grado di rischio comportano in ogni caso un elevato livello di incertezza. Ad esempio le ricerche dedicate agli eventi estremi come le tempeste "Vivian" e "Lothar" hanno mostrato che, in caso di velocità del vento estreme, quasi nessun soprassuolo boschivo è stato in grado di sopportare le raffiche più violente e che i fattori di insicurezza riguardanti la vulnerabilità dei diversi popolamenti forestali nei confronti di eventi così dirompenti sono talmente elevati, che un calcolo economico dei costi di interventi di gestione attiva è praticamente impossibile.

Per contro misure colturali che perseguono l’obiettivo di aumentare la rinnovazione in boschi di protezione altrimenti troppo omogenei, con effetti benefici sulle possibilità di migliorare le caratteristiche strutturali di boschi in caso di calamità naturali, sono più facili da valutare. Le incertezze concernenti gli effetti dei provvedimenti selvicolturali sulla dinamica dei soprassuoli boschivi richiedono pertanto un esame oggettivo, da eseguire nell’ambito delle analisi dei rischi.

Tesi n° 4: Un approccio basato sull’analisi dei rischi riduce i costi degli interventi e ne ottimizza gli effetti secondari

I costi di provvedimenti destinati a ridurre i rischi devono essere in una relazione adeguata rispetto al rischio calcolabile moltiplicando il danno potenziale e la probabilità che un evento simile si verifichi. In ogni analisi del rischio un fattore importante è pertanto rappresentato dalla stima dei costi dei diversi interventi ipotizzabili. Ad esempio è importante tenere conto che i turni degli interventi colturali ed i relativi costi delle cure possono essere assai diversi a dipendenza della tipologia di soprassuolo presente nei boschi di protezione. Se grazie ad una delimitazione dei boschi di protezione basata su criteri di rischio la superficie complessiva di tutti i boschi a vocazione protettiva potesse essere ridotta, anche i turni di intervento e/o i costi di gestione delle foreste di protezione potrebbero essere contenuti.

Conseguenze

Se confrontate con quelle perseguite attualmente e decisamente orientate verso la valutazione dei pericoli, le strategie basate sulla valutazione dei rischi comportano numerosi vantaggi. In particolare l’efficacia dei costi dei provvedimenti selvicolturali da adottare all’interno di comprensori forestali a vocazione protettiva può essere meglio valutata. In questo modo le priorità tra diversi provvedimenti ipotizzabili ed anche il grado d’urgenza presente in comprensori boschivi differenti possono essere determinati con una maggiore obiettività. Questo approccio permetterebbe di investire i mezzi finanziari pubblici in un modo più mirato o addirittura più parsimonioso. Affinché queste strategie di analisi dei rischi possano essere adottate in modo sistematico nella gestione dei boschi di protezione sono tuttavia necessarie ulteriori ricerche, che permettano di colmare alcune lacune ancora presenti nelle conoscenze su questi argomenti. Inoltre si ritiene auspicabile che la legislazione forestale, attualmente ancora troppo basata sul concetto di pericolo, in futuro tenga maggior conto di un approccio imperniato su criteri di rischio.

Traduzione: Fulvio Giudici, Camorino