I Gliridi sono una famiglia che appartiene all'ordine dei roditori. Sono dei mammiferi simili agli scoiattoli e hanno una lunghezza tronco-cefalica tra i 6 e i 19 cm. Una caratteristica distintiva è la lunga e folta coda, che a seconda della specie può essere lunga da 4 a 16 cm. Gli occhi dei ghiri sono molto grandi, caratteristica comune a diversi animali notturni. Le orecchie sono piuttosto piccole e rotonde.

In Svizzera il ghiro (Glis glis), il driomio (ghiro degli alberi) (Dryomys nitedula), il quercino (Eliomys quercinus) ed anche il moscardino (Muscardinus avellanaraius) sono tutte specie appartenenti alla famiglia dei ghiri. Tutte queste quattro specie possono rosicchiare la corteccia degli alberi, ma comunque i danni più significativi sono causati dal ghiro.

I ghiri e i moscardini sono ampiamente diffusi in Svizzera. Sul versante sud dell'arco alpino essi sono particolarmente comuni. Il quercino si trova principalmente nel Giura e nei Cantoni del Vallese e dei Grigioni. Il driomio è invece piuttosto raro in tutta la Svizzera. La sua presenza è stata rilevata esclusivamente in Engadina.

Caratteristiche biologiche del ghiro

Il ghiro è un animale notturno e abitudinario poiché preferisce vivere nel medesimo ambiente anche per molti anni. La sua dieta è composta da frutti di varie piante, bacche, frutti coltivati o selvatici, castagne, nocciole, noci, foglie, gemme e corteccia. Anche insetti come i maggiolini non sono disprezzati. Di tanto in tanto il ghiro saccheggia anche i nidi di uccelli. Il territorio nel quale vive un ghiro ha un'estensione che in genere varia tra i 0,3 e i 9 ettari. Predilige i boschi misti invecchiati e ricchi di sottobosco, soprattutto se si trovano su pendii soleggiati tra gli 850 e i 1150 m di quota. I centri delle attività di un ghiro sono costituiti da luoghi specifici, come un vecchio albero di ciliegio o un gruppo denso di rovi.

Contrariamente al quercino, il ghiro evita le foreste di conifere. Elevate proporzioni di abete rosso e abete bianco sono anzi dei fattori che limitano notevolmente la sua presenza. Laddove i popolamenti di faggio o di quercia sono puri, l'entità delle popolazioni di ghiro dipende dalla produzione di semi (anni di pasciona) e può pertanto variare fortemente da un anno all'altro.

Popolamenti puri di latifoglie non soddisfano tuttavia le esigenze alimentari del ghiro. La presenza di aceri, frassini, carpini, castagni o ciliegi rende il suo habitat più attrattivo. Queste specie arboree consentono agli animali di sopravvivere durante i periodi nei quali i semi sono assenti o durante le annate nelle quali querce e faggi non producono ghiande e faggiole. Nei boschi misti di latifoglie ricchi di specie lo sviluppo delle popolazioni non è quindi direttamente dipendente dalle annate di pasciona del faggio o della quercia. Nelle foreste didattiche del Politecnico Federale di Zurigo si è costatato che l'entità delle popolazioni di ghiro seguiva un andamento assolutamente regolare che seguiva un ciclo di 4 anni. Le fluttuazioni delle popolazioni sono in questo caso regolate più da meccanismi specifici di ogni specie (competizione, l'inibizione dei processi riproduttivi in caso di densità delle popolazioni troppo elevate) che non da fattori influenti esterni. In tali condizioni non avviene pertanto mai un "collasso" vero e proprio delle popolazioni con un conseguente lungo periodo di recupero degli effettivi.

Il letargo del ghiro dura dalla fine di ottobre fino alla metà di maggio, un periodo quindi di circa sette mesi trascorso all'interno di fessure rocciose o di tane scavate nel terreno. Nei terreni forestali egli è in grado di scavare tane profonde fino a 1,5 metri di profondità.

Il periodo di accoppiamento è da maggio ad agosto mentre quello di gestazione dura 30-32 giorni. Escluso il caso dopo una perdita precoce dei piccoli, la femmina partorisce una sola volta all'anno da 4 e 6 piccoli ghiri, che possono arrivare fino a 11. A questo scopo essa costruisce un nido composto di erba, foglie di faggio ancora verdi e muschio all'interno di cavità degli alberi fino a 40 m dal suolo, all'interno di casette-nido oppure nei solai delle case e all'interno di fessure rocciose. A volte costruisce dei nidi sferici tra i rami di alberi di conifere secolari. Tracce di rosicchiature alle entrate o mucchietti di escrementi depositati sui tetti delle cassette-nido indicano la presenza del ghiro.

I principali nemici del ghiro sono in estate l'allocco e la martora e in inverno il cinghiale che, rivoltando il terreno fino a 60 cm di profondità, è in grado di trovare nidi divorandone il contenuto. Una particolarità che contribuisce all'auto-conservazione del ghiro è la cosiddetta autotomia. Questa strategia di difesa permette a un animale di sopravvivere all'attacco di un predatore, privandosi di una parte della coda non vitale, che poi può ricrescere.

Aspetto dei danni da rosicchiatura

I danni da rosicchiatura del ghiro si osservano principalmente su alberi di acero di monte, acero riccio, faggio, abete bianco e larice. Anche i pioppi, i pini e l'abete rosso possono essere danneggiati. Tuttavia, il ghiro sviluppa delle preferenze a livello individuale o d'intera popolazione. Pertanto in un determinato sito sono rosicchiati quasi esclusivamente i faggi, mentre in altri luoghi piuttosto gli aceri di monte. A rischio sono in particolare le perticaie e le cime degli alberi allo stadio di fustaia.

I danni provocati dal roditore sono particolarmente frequenti nelle aree sopra l'inserzione dei rami (fig. 2) ma a volte la scortecciatura può avvenire anche direttamente sotto i rami laterali. In questo caso sembrerebbe che il ghiro rode la corteccia mentre è appeso sul ramo a testa in giù, con la coda utilizzata come bilanciere. Spesso i danni riguardano l'intera circonferenza del tronco (cercinatura). In casi simili può accadere che la cima dell'albero secchi completamente (fig. 4), spezzandosi poi in seguito. Sono in particolare alberi ricchi di rami ed esposti ai margini del bosco ad essere fortemente danneggiati.

L'area danneggiata è larga quanto un dito o al massimo una mano e la corteccia viene spesso rosicchiata a chiazze (fig. 3). Danni piccoli e localizzati possono anche assumere la conformazione di un anello che circonda l'intero tronco. Danni a forma di spirale come quelli provocati dagli scoiattoli non sono caratteristici del ghiro. La scortecciatura avviene in particolare appena prima o appena dopo il letargo invernale.

L'aspetto del danno del quercino è analogo a quello del ghiro: le aree danneggiate sono piatte o a forma di anello. Le strisce di corteccia staccata possono, a seconda della specie arborea, essere lunghe fino a 7 centimetri. Nel faggio, difficilmente danneggiato dal quercino, il ghiro strappa solo piccoli pezzettini di corteccia. Il quercino probabilmente si limita a leccare la linfa dell'albero. Sotto le parti degli alberi da lui cercinate, è pertanto possibile osservare striscioline lunghe 5-7 cm e larghe 1 cm di floema con la corteccia ancora aderente. Gli esperti non sono comunque ancora unanimi sulla questione se i ghiri si alimentano solo dalla linfa degli alberi oppure se rosicchiamo il floema anche per nutrirsi delle sue fibre.

Possibilità di confusione con lo scoiattolo

Le tracce lasciate dei denti degli scoiattoli e dei ghiri hanno all'incirca una grandezza simile. Nonostante la notevole differenza delle dimensioni del cranio, la doppia traccia lasciata sul legno dai denti incisivi del ghiro e dello scoiattolo sono quasi identiche. Nel caso del ghiro essa è larga da 2 a 2,5 mm, mentre negli scoiattoli da 2,5 a 3 mm.

A causa del profilo diverso lasciato dalla dentatura sull'alburno degli aceri e delle specie a legno tenero, i danni da ghiro sono abbastanza facili da individuare (fig. 5). I denti dello scoiattoli infatti lasciano tracce che sono visibili soprattutto nei punti di attacco delle parti scortecciate. Sul faggio e sul carpino per contro, il ghiro lascia spesso tracce di denti poco visibili e che sui danni meno recenti sono difficilmente distinguibili da quelle lasciate dallo scoiattolo. I danni provocati dallo scoiattolo hanno spesso un'immagine spiraliforme che sale circondando l'intero tronco. Questa conformazione a spirale di regola non è osservabile nei danni causati dal ghiro.

Il moscardino rosicchia la corteccia di alberelli a foglia caduca, soprattutto giovani faggi, lasciando tracce larghe solo 3-4 mm. L'arvicola arvicola rossastra o arvicola dei boschi (Clethrionomys glareolus) è invece un abilissimo scalatore. Essa rosicchia quindi principalmente dei ramoscelli del diametro da una matita fino a un dito, che a volte vengono scortecciati completamente e lasciando scoperto il candido alburno.

Basi giuridiche in Svizzera e diritto alla richiesta di risarcimento dei danni

Secondo l'Ordinanza sulla protezione della natura e del paesaggio (OPN) del 16 gennaio 1991 (stato al 1° marzo 2011), il moscardino e il driomio sono specie di roditori protetti in tutta la Svizzera. La tutela del ghiro rientra per contro tra le competenze dei Cantoni, compresa la relativa regolamentazione del risarcimento danni. Attualmente il quercino e il ghiro sono protetti nei seguenti Cantoni: AG, AI, BS, BE, GE, GL, OW, SH, TI, TG, VD e ZG.

I ghiri non sottostanno alla legge federale sulla caccia e la protezione dei mammiferi. Questo significa che i danni provocati dai ghiro non sono indennizzati dal settore della caccia. Questo contrariamente a quanto avviene con lo scoiattolo, specie anch'essa protetta, ma che invece sottostà alla legge sulla caccia. In caso di danni che sono inequivocabilmente attribuibili allo scoiattolo, può essere richiesto un indennizzo che viene finanziato con i fondi cantonali per la fauna selvatica.

L'arvicola rossastra non gode per contro di alcuna protezione legale. Non vi è quindi alcun diritto al risarcimento dei danni.

 

Contenimento dei danni

Contrariamente a quanto avviene nell'Europa sud-orientale, in Svizzera i danni causati dai ghiri sono generalmente insignificanti. Nelle perticaie più fortemente colpite i danni provocati dal ghiro possono tuttavia causare delle perdite fastidiose.

Considerato che i gliridi sono tutelati dalla legge, non è possibile decimare le loro popolazioni per contenere i danni. La conservazione degli habitat dei ghiri rappresenta piuttosto un'esigenza a livello di protezione della natura. Misure di controllo a livello tecnico con sforzi ragionevoli non sono proponibili.

Per ridurre i danni è quindi pertanto possibile ricorrere principalmente a misure a carattere selvicolturale. In particolare gli interventi di cura e di sfollo nei giovani soprassuoli dovrebbero essere differiti nel tempo fino a quando le entità delle popolazioni di ghiro raggiungono i livelli più bassi. In questo modo aumentano le probabilità che un numero sufficientemente di alberi selezionati rimanga indenne da danni di scortecciatura. Questo è tanto più facile, considerato che il ghiro, una volta insediatosi su determinati alberi, spesso tende a restarvi per alimentarsi per diversi anni. E' quindi auspicabile essere prudenti nella rimozione di alberi danneggiati, perché altrimenti si rischia che la pressione si trasferisca sugli alberi circostanti ancora intatti.

Un'ulteriore possibilità per evitare danni è quella di migliorare le condizioni di vita per i nemici naturali del ghiro, come la martora, la civetta ed i cinghiali (!), ad esempio posando dei nidi per attirare gli allocchi.